
Il sogno di Agitu continuerà grazie alla solidarietà di migliaia di persone
Agitu Ideo Gudeta dopo aver lasciato l’Etiopia si era trasferita a Frassilongo, dove aveva fondato l’azienda agricola biologica “La capra felice”. Coltivava ortaggi, produceva uova, aveva una linea cosmetica e si prendeva cura delle capre di razza pezzata mochena, caprette in via d’estinzione.
Era arrivata in Italia nel 2010 “con duecento euro in tasca”, dopo essere scappata dal suo paese, l’Etiopia, dove era perseguitata per il suo attivismo contro le speculazioni e gli espropri forzati dei latifondisti che costringono i piccoli agricoltori e gli allevatori ad abbandonare i loro terreni. Era venuta prima per studiare sociologia a 18 anni, aveva imparato molto bene l’italiano e per questo nel 2010 aveva chiesto l’asilo in Trentino, quando aveva capito che in Etiopia rischiava di essere uccisa.
Annalisa Camilli su Internazionale
Agitu è stata uccisa da un suo dipendente qualche giorno prima del suo 43° compleanno. Un femminicidio che ha scosso l’intero Paese. Sono state numerose le iniziative di solidarietà per sostenere la sua azienda e prendersi cura delle sue capre felici.
In particolare l’associazione Amici dell’Etiopia ha lanciato una raccolta fondi su GoFundMe per la sopravvivenza dei progetti di Agitu. L’iniziativa è partita dal presidente dell’associazione Zebenay Jabe Daka e ha ottenuto oltre 100mila euro grazie a più di 3.200 donatori.
Agi, come la chiamano gli amici, non è stata solo un’imprenditrice di sogni. Per molti è stata un’amica, un esempio, uno stimolo a lavorare insieme per recuperare antichi saperi che, in questo nostro mondo post industriale, hanno avuto un successo imprevisto mostrando una strada, una possibilità di vita che era stata dimenticata. Per onorare la memoria di questa imprenditrice fiera e coraggiosa, per coltivare i suoi progetti, coloro che hanno voluto bene ad Agitu promuovono una raccolta fondi. Il suo gregge di capre non deve essere smantellato, le terre che lei aveva affittato non devono tornare ad essere abbandonate. La sua sapienza nell’arte casearia deve trovare nuovi eredi. A giorni nasceranno i capretti che Agitu allevava con tanta passione. Queste nuove vite chiedono cure e attenzioni, quelle che Agitu non può più dare.
Zebenay Jabe Daka su GoFundMe
A decidere come investire i fondi sarà un comitato etico, composto da un familiare di Agitu, dall’amica Elisabetta Nardelli e dal notaio Paolo Piccoli. Il comitato avrà il compito di contribuire al trasporto della salma in Etiopia, dove verrà sepolta per volere dei familiari, onorare e tener viva la memoria di Agitu e infine trovare le modalità più adatte per continuare i suoi progetti.
Intanto le 82 capre di razza mochena sono state affidate alle cure di Beatrice Zott, vent’anni e pastora come Agitu.
Due volte al giorno si sposta dal suo paesino a quello di Agitu Gudeta, sale fin lassù dove prepara «cinque balle di fieno», ovvero i pasti per gli animali per tutta la giornata. Macina chilometri e chilometri non solo per dar loro da mangiare ma anche per «tenerle pulite e soprattutto per gestire le caprette gravide che rischiano di partorire tutte negli stessi giorni. Quando le hanno chiesto di prendersi cura degli animali, a cui Agitu Gudeta era particolarmente attaccata, non ci ha pensato un attimo: «La richiesta mi è arrivata dal sindaco di Frassilongo (che a Open ha assicurato massimo impegno nel prendersi cura degli animali, ndr) a cui ho detto subito di sì. Non potevo fare altrimenti, devo preoccuparmi di queste caprette che non hanno un padrone. Poi io per Agitu avevo un grande rispetto. L’ho conosciuta quattro anni fa ed era diventata anche un’amica di mia madre».
Fabio Giuffrida su Open

