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La biblioteca di Umberto Eco donata alla collettività

L’archivio e la collezione moderna – ben 35.000 volumi –  andranno all’Università di Bologna. La raccolta antica – 1.200 edizioni antecedenti al Novecento, di cui 36 incunaboli, i primi libri della tipografia moderna, e 380 volumi stampati tra il ‘500 e l’800 – alla Biblioteca nazionale Braidense di Milano.

È il risultato di un accordo raggiunto tra Mibact, il Ministero per i Beni Culturali, e gli eredi di Umberto Eco, scrittore di fama mondiale e semiologo, scomparso il 19 febbraio del 2016. La donazione, sottoscritta a ridosso del quinto anniversario dalla scomparsa del professore, sigla così il trasferimento e l’utilizzo pubblico dell’incredibile raccolta di volumi di Umberto Eco, un patrimonio culturale immenso, di cui fanno parte anche volumi rari e di grande prestigio.

A gestire la donazione per l’Alma Mater di Bologna, cui andranno i 35mila volumi della biblioteca moderna e l’archivio di lavoro del semiologo, sarà un comitato di indirizzo formato da 6 membri, tre scelti dagli eredi – i figli Carlotta e Stefano e la moglie Renata – e gli altri 3 dal Mibact e dall’Università, che ha già deciso di collocare il lascito in un’apposita ala dell’ateneo che prenderà proprio il nome di “Biblioteca Eco” e garantirà l’ordine originale della disposizione dei libri.

La Biblioteca Braidense di Milano, invece, amatissima dallo scrittore de “Il nome della rosa”, custodirà la sua collezione di libri antichi, la “Bibliotheca semiologica curiosa, lunatica, magica et pneumatica” che Eco aveva messo insieme nel corso della sua attività di bibliofilo. L’impegno assunto, oltre alla conservazione e alla valorizzazione della sua fruizione per tutti gli studenti, è quello di digitalizzare la raccolta, favorendone la consultazione online e quindi il futuro.

Anche perché, come diceva Eco stesso,

“Il bene di un libro sta nell’essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto”.