
Coral: la fattoria dei coralli per risanare la barriera
Il cambiamento climatico è in atto e non si può negare. Lo si vede dallo scioglimento dei ghiacciai, dall’innalzamento delle temperature e da molti altri fattori percepibili in superficie. Ma quello che accade al di fuori della vista di gran parte degli esseri umani, è altrettanto grave. Sotto la superficie marina, il disastro ecologico è ormai a livelli ben oltre la guardia. Per questo è nata Coral Restoration Foundation.
Negli ultimi 30 anni, gli scienziati hanno calcolato che abbiamo perso oltre il 50% delle barriere coralline del globo a causa dello sbiancamento dei coralli per cause dovute all’opera dell’uomo. Peggio ancora, senza interventi diretti, i reef corallini potrebbero estinguersi entro 80 anni.
Oris – Partner dell’iniziativa
Un’iniziativa che ha dato molti risultati, e che per questo si sta diffondendo in varie zone del mondo. In Indonesia, il progetto di ricostruzione della barriera corallina ha addirittura superato i risultati previsti all’avvio del progetto.
Un po’ di anni fa gran parte della barriera corallina Indonesiana era stata devastata da una tecnica di pesca molto aggressiva (nota come ”dynamite fishing”) che è stata praticata soprattutto al largo dell’arcipelago di Spermonde, nell’Indonesia centrale, e che aveva distrutto gran parte dell’habitat naturale.
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La Coral Restoration Foundation ha risanato fino al 2019, 8.000 metri quadrati di barriera corallina alle Keys, le isole della Florida
Nel 2020 il traguardo è toccato al Carysfort Reef, con un’installazione di 35.000 coralli. Si tratta di un ente non profit che si dedica al risanamento della barriera corallina in varie zone degli Stati Uniti. Visti i risultati ottenuti, anche il Messico ha adottato questo sistema. Le fattorie dei coralli si occupano di coltivare i coralli presso le loro strutture, per poi ripiantarli sui fondali marini. In questo modo una volta che le radici si sono ancorate al terreno, sono anche in grado di riprodursi e di popolare autonomamente la nuova barriera corallina.
Una volta che in sei-nove mesi i coralli sono «reef -ready», ossia hanno raggiunto una dimensione congrua per essere reimmessi nel loro habitat vengono trasportati nella più vicina barriera, dove si passa alla seconda fase del programma: il «trapianto». I volontari identificano una zona di roccia libera e iniziano a ripulirla dalle alghe. Il corallo viene quindi appoggiato al suolo e per fissarlo si usano tre pezzetti di resina ipossidica non dannosa per l’ambiente marino.
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